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Castellani bomber deportato, ecco la sua storia

Fare gol era il suo mestiere e lo svolgeva egregiamente, tanto che oggi gli sono intitolati 2 stadi. Carlo Castellani morì in campo di concentramento

Carlo Castellani

I gol erano il suo mestiere e lo svolgeva così egregiamente che a lui oggi sono intitolati due stadi: quello di Montelupo Fiorentino, dove nacque nel 1909, e quello di Empoli, la squadra che gli regalò la fama. Ma lui, Carlo Castellani, lega il suo nome non solo alle glorie calcistiche ma anche alle dure vicende della seconda guerra mondiale. Deportato, Carlo Castellani morì nel 1944 nel campo di concentramento di Mauthausen, sottocampo di Gusen.

La sua era una famiglia di antifascisti. Così, quando in quell'alba di Marzo 1944 i gerarchi bussarono alla loro porta cercando il papà David, siccome questi era malato allora Carlo si offrì di andare lui al suo posto. Non fece più ritorno. 

Questa la sua fine. Luminosi invece i suoi esordi e la sua carriera nei campi da calcio. Carlo Castellani viveva a Fibbiana, frazione di Montelupo Fiorentino a un tiro di schioppo da Empoli. Il calcio non era proprio patrimonio della cultura familiare dei Castellani. Tutt'altro: piaceva anche poco.

Ma Carlo aveva un talento naturale e ben presto divenne attaccante punta di diamante nelle squadre che lo formarono e per le quali inanellò serie storiche di reti come le imbattute 5 in un'unica partita. La maglia azzurra dell'Empoli subito, poi quella del Livorno nella serie maggiore, la serie A, poi quella del Viareggio. 

Quindi il ritorno in divisa azzurra nell'Empoli, suo grande amore che continuò a sostenere economicamente anche dopo il ritiro dai campi di gara. La sua figura oggi è ricordata anche dal presidente della Regione Eugenio Giani attraverso i social: "Lo stadio di Empoli porta il nome di Carlo Castellani, ma non tutti sanno la storia del grande uomo e campione", scrive Giani.