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Attualità giovedì 24 novembre 2016 ore 17:47

Femminicidio, l'importanza della famiglia

Al Ridotto del Teatro del Popolo “Giornata internazionale contro la violenza sulle donne” promossa dallo SPI-Cgil di Castelfiorentino



CASTELFIORENTINO — Femminicidio, una corretta prevenzione parte dall’educazione e, dunque, dalla famiglia. E’ il messaggio, forte e chiaro, che il coordinamento donne dello SPI-CGIL di Castelfiorentino lancia in vista della “Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne” (25 novembre) in occasione della quale ha promosso con il patrocinio del Comune di Castelfiorentino l’iniziativa “La mia mente, il mio cuore. La mia vita nelle mie mani” in programma venerdì pomeriggio (25 novembre – dalle ore 16.30) al Ridotto del Teatro del Popolo.


All’incontro, che è organizzato in collaborazione con il Centro Antiviolenza “Lilith”, l’Auser, l’Associazione Giglio Rosso e il gruppo informale Knit Café, interverranno Nadia Meacci (segretaria lega SPI-CGIL di Castelfiorentino), Sandra Niccolai (consigliere comunale con delega alle pari opportunità), e le psicologhe Chiara Guidi e Federica Pierini (Centro Antiviolenza “Lilith”), mentre le conclusioni saranno di Daniela Borselli (segreteria SPI-CGIL di Firenze e responsabile del Coordinamento Donne). Alle 18.30 è prevista – nelle sale espositive del Ridotto – l’inaugurazione della mostra fotografica a cura del Gruppo Fotografico “Giglio Rosso” di Castelfiorentino, cui seguirà un apericena. Il pomeriggio sarà inoltre allietato dai canti degli allievi della Scuola di Musica di Castelfiorentino.

La Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, individuata nel 25 novembre dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (la decisione risale al 1999), è purtroppo di grande attualità. Nei primi dieci mesi di quest’anno, come ricorda Nadia Meacci, ben 76 donne di tutte le età sono state vittime riconducibili al fenomeno del “femminicidio”. Un dato preoccupante, a sottolineare un’arretratezza culturale e di mentalità di cui non può certo essere considerata estranea la famiglia di origine dell’uomo che si è reso responsabile di determinati comportamenti.

“Dobbiamo lavorare sulla prevenzione – osserva Nadia Meacci – spiegare, far capire perché nella mente di un uomo scatta a un certo punto l’idea che la donna sia una sua proprietà, e quindi non può lasciarlo, andarsene, o semplicemente decidere di non amarlo più. La famiglia – prosegue Meacci - è la prima responsabile di questa crescita non corretta dell’uomo da un punto di vista affettivo. Poi la scuola può intervenire, ma se il substrato familiare non ha funzionato, non ha creato le basi, gli anticorpi, può fare ben poco”.


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