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Attualità martedì 10 novembre 2015 ore 12:00

È dibattito aperto sulla cittadella dei disabili

La Cooperativa Sinergic@ chiede il rinvio in consiglio comunale del progetto che dovrebbe nascere in periferia della città: "L'idea ci disorienta"



EMPOLI — L’idea del “polo per la disabilità”, che concentri almeno 70 persone, alla periferia della città di Empoli, con tutti i servizi all’interno, ci disorienta, per cui sentiamo il bisogno e il dovere di intervenire nel dibattito, che purtroppo è soltanto sui giornali.

La Cooperativa sociale Sinergic@ è impegnata nell’inserimento lavorativo di persone con problematiche psichiatriche, disabilità intellettiva, autismo. È nata tre anni fa, per abbattere un ulteriore muro di pregiudizio sulla disabilità mentale, il riconoscimento della capacità di lavorare delle persone affette da disturbi dello spettro autistico, che fino ad ora sembrava essere inesistente: noi con pervicacia, stiamo costruendo una piccola azienda in cui i ragazzi con autismo stanno imparando a lavorare nell’agricoltura e a vivere in un gruppo, ad affrontare la società fuori dal guscio di protezione della famiglia o del centro diurno.

Una piccola azienda è un gruppo di persone in cui nascono amicizie, affetti, relazioni, scambio di umanità, reciprocità e momenti di ricreazione, in cui le diversità convivono trovando il proprio spazio, in cui ciascuno trova il proprio ruolo e contribuisce alla crescita della cooperativa, in sintesi trova la dignità che soltanto il lavoro può dare a un uomo e a una donna. Questi uomini e donne, con le loro difficoltà, lavorando trovano posto nella propria comunità, ognuno secondo le proprie possibilità, ognuno con il proprio modo di essere, spesso strano o molto strano.

Ma strano è soltanto ciò che non conosciamo e ci fa paura e separare da noi queste stranezze non aiuterà i nostri figli ad essere più forti, ad essere accoglienti con le persone in difficoltà, ma nemmeno a saper accettare i propri difetti e difficoltà. Queste saranno le conseguenze, se i ragazzi e le persone con disabilità saranno rinchiusi in un luogo lontano dalla città, dal paese, senza possibilità di interazione con i coetanei, con la comunità.

Dopo la rivoluzione basagliana della legge 180 del 1978, generazioni di psichiatri, di professionisti della salute, il terzo settore, amministratori, hanno lavorato e, nel nostro territorio con particolare lungimiranza, per costruire casa, lavoro, ricreazione nei contesti sociali e noi stiamo continuando a lavorare perché questa visione si estenda a tutte le disabilità e le diversità, convinti che queste siano una ricchezza per tutti. Pensare di adattare le nostre città, le nostre aziende, le nostre scuole, le nostre vite, a chi ha qualche difficoltà in più, è complesso, faticoso, ma i risultati sono stati e saranno straordinariamente migliori: una scuola capace di accogliere lo studente disabile sarà sicuramente di ottimo livello anche per gli altri e i ragazzi cresciuti conoscendo anche le stranezze e difficoltà dei compagni saranno più capaci di altri nel lavoro e nella vita.

E le persone, seppure con disabilità, saranno uomini e donne che possono vivere a pieno la vita, finalmente cittadini.

Tanti, prima di noi, hanno lavorato per questo, l’intervento di Varis Rossi di oggi lo testimonia, e noi continuiamo ogni giorno, per un nuovo sogno, sempre più alto, confortati dalle politiche e indirizzi regionali che, pur nelle ristrettezze economiche, sostengono i percorsi di vita indipendente e di inserimento lavorativo.

Perché allora andare nella direzione opposta? Perché segregare? Se” la disabilità appartiene a tutti”, perché concentrarla e separarla?

Le persone di cui parliamo hanno patologie di cui non si muore e non si guarisce per le quali, ad esempio i disturbi dello spettro autistico, diventano una caratteristica della persona, con cui convivere, per cui non hanno bisogno di assistenza specialistica 24 ore al giorno, ma di avere un vita normale ed essere seguiti da specialisti nei momenti di bisogno. Chi penserebbe di concentrare i diabetici per tutta la vita per assisterli meglio?

L’istituto nega i diritti umani delle persone perché le priva di identità, toglie le relazioni sociali, allontana gli affetti, rende inesigibile il diritto al lavoro, spesso anche il diritto al cura e mette addosso un stigma inalienabile.

E allora ci tortura il dubbio: i nostri ragazzi, coloro che lavorano nella Cooperativa Sinergic@, potranno ancora inseguire il sogno di avere la propria fattoria, andare ancora a vendere i propri prodotti o si ritroveranno a giocare all’ortolano nel cortile di un istituto?

Siamo convinti che sia ancora possibile discutere e capire le disponibilità, i bisogni e ritrovare una visione condivisa che veda i “nostri ragazzi e ragazze”, uomini e donne vivere la propria vita con noi.

Eluisa Lo Presti

Presidente della Cooperativa Sinergic@


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