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Attualità martedì 26 gennaio 2021 ore 16:46

Videochiamate per umanizzare le terapie intensive

L'ospedale di Empoli durante il periodo Covid e grazie alla sinergia con la psicologia clinica ha sviluppato un processo di umanizzazione delle cure



EMPOLI — Durante l'emergenza Covid-19 è stato rafforzato il percorso di umanizzazione delle cure in terapia intensiva a Empoli grazie all'uso delle videochiamate per comunicare ai familiari gli aggiornamenti clinici, coinvolgerli nel processo decisionale, rassicurarli sulle cure prestate al loro caro e presentare l'équipe medico-infermieristica che assiste il malato, in modo da ridurre la distanza e restituire un volto umano alle cure intensive. 

Stretta collaborazione tra il reparto di terapia intensiva, diretto dal dottor Rosario Spina e la psicologia clinica ospedaliera, diretta dalla dottoressa Silvia Lapini. Il percorso psicologico viene seguito operativamente dalla dottoressa Giuditta Martelli, referente di psicologia clinica per il presidio San Giuseppe.

"Rassicurazione, vicinanza e coinvolgimento sono temi già cari alla Terapia Intensiva di Empoli, da anni attenta agli aspetti umani. Il paziente trae grande giovamento dal supporto dei familiari, perché l’apparente “abbandono” è un ulteriore fonte di sofferenza, e avere un “aggancio” con il mondo fuori è molto importante e terapeutico. Oltre alle competenze cliniche, che diamo per scontate, è importante che i familiari sappiano, prima di tutto, che il nostro staff è fatto di uomini e donne che si prendono cura dei pazienti con umanità e passione e che in terapia intensiva non mancano gesti di affetto o attenzioni per i particolari, come fare la barba o mantenere in ordine i capelli, in modo da trasmettere al paziente l’amore che i suoi familiari gli darebbero se fossero presenti. Cerchiamo così di trasmettere ai parenti i principi della terapia intensiva ‘aperta’, rassicurandoli e coinvolgendoli" ha detto Rosario Spina.

"Da un punto di vista psicologico la compresenza di due figure curanti, che sono diverse tra di loro ma complementari, ha proprio l'intento di operare una sorta di cura sia dei conflitti psichici che delle ferite fisiche attraverso una “coppia genitoriale” terapeutica. Quello che è emerso con ancora maggior chiarezza durante l'era covid è che l'affettività è indispensabile alla cura e che diventano terapeutiche quelle relazioni in cui l'emotività non viene negata ma anzi vissuta in prima persona dai curanti stessi che, proprio perché la vivono su se stessi possono riconoscerla anche negli altri e quindi accoglierla, rispettarla e farsene carico efficacemente. Le videochiamate funzionano perché i due curanti che formano la coppia terapeutica sono disponibili per primi a far circolare affettività tra di loro. I pazienti e i loro familiari percepiscono anche a distanza questo clima emozionale, si sentono accuditi e si trovano avvolti in un'atmosfera relazionale emotivamente pacificata e rassicurante che è forma di cura perché consente speranza e fiducia" ha concluso la dottoressa Giuditta Martelli.


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