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lunedì 02 dicembre 2024

DISINCANTATO — il Blog di Adolfo Santoro

Adolfo Santoro

Vivo all’Elba ed ho lavorato per più di 40 anni come psichiatra; dal 1991 al 2017 sono stato primario e dirigente di secondo livello. Dal 2017 sono in pensione e ho continuato a ricevere persone in crisi alla ricerca della propria autenticità. Ho tenuto numerosi gruppi ed ho preso in carico individualmente e con la famiglia persone anche con problematiche psicosomatiche (cancro, malattie autoimmuni, allergie, cefalee, ipertensione arteriosa, fibromialgia) o con problematiche nevrotiche o psicotiche. Da anni ascolto le persone in crisi gratuitamente perché ritengo che c’è un limite all’avidità.

​I vizi di Hitler e quelli degli altri

di Adolfo Santoro - sabato 13 luglio 2024 ore 09:00

Mi sono allarmato. Adolf Hitler, oltre a portare il mio stesso nome, era, come me, vegetariano, non fumava, era contrario all’alcool ed era contrario alla vivisezione, tanto da promulgare specifiche leggi. Ma poi ho scoperto che adorava i dolci con la panna. Che faceva regolari iniezioni di siero proteico derivato dai testicoli polverizzati di toro. Che la Vegetarier-Bund (Società Vegetariana Tedesca), fondata nel 1892, venne soppressa dal regime nazista perché apertamente ostile alle idee di Hitler e che i medici nazisti continuarono a condurre su animali un’enorme quantità di esperimenti, poi estesi ai prigionieri dei campi di concentramento. E che – come i sodali nazisti - amava gli animali feroci e quelli aggressivi, come i pastori tedeschi; ciò mi ha tranquillizzato (io sono molto critico verso gli animalisti che antropomorfizzano gli animali rendendoli “domestici” e ritengo che la domesticazione degli animali sia stata una delle tappe involutive nel processo di distruzione delle nicchie ecologiche e di allontanamento dell’uomo da se stesso). Ho tirato un sospiro di sollievo.

Il vegetarianesimo di Hitler è ampiamente documentato. Nel maggio 2018 la rivista “European Journal of Internal Medicine” ha pubblicato lo studio con microscopio elettronico a scansione sui presunti resti di Hitler, conservati dai Servizi Segreti russi: l’analisi di alcuni frammenti della mascella e della mandibola ha confermato l’assenza di residui di pasto animale recente. Sembra che Hitler abbia iniziato ad evitare la carne fin dal 1911, quando notò che i suoi bruciori di stomaco e la sua flatulenza diminuivano se mangiava frutta e verdura. Ma ciò non impedì alla cuoca Dione Lucas, che cucinò per lui prima della Guerra, di preparargli carne di piccione, uno dei suoi piatti preferiti. E non impedì nel 1944 alla sua compagna Eva Braun di fare una merenda notturna con una zuppa di tartaruga, panini e salsicce. Chi si somiglia si piglia!

Il vegetarianesimo dei nazisti aveva una radice ideologica: mirava a migliorare la purezza della razza. La cultura tedesca dell’epoca si richiamava al post-darwinismo tedesco, inaugurato da Ernest Heckel, il bizzarro studioso, che fu nominato “antipapa” in ragione del suo anticlericalismo; Heckel, che ebbe il merito di coniare la parola “ecologia”, anticipò, con le sue lodi all’eliminazione dei bambini deformi attuata nell’antica Sparta, l’eugenetica nazista. Un’altra radice ideologica del vegetarianesimo nazista fu la credenza nella reincarnazione: piante e animali ospitano anime reincarnate in altre vite.

È ironico ricordarsi che, mentre aveva cura ossessiva della sua cena, Hitler dichiarava la guerra al resto del mondo causando milioni di morti di esseri umani, animali, piante e luoghi, tanto da permettere la battuta: “A Hitler piacevano molto i bambini, soprattutto quelli ebrei: gli piacevano cremati vivi.”.

D’altra parte è vero che l’industria della carne produce il 14% delle emissioni globali di gas serra in atmosfera, più dell’intero settore dei trasporti (treni, macchine, aerei e camion). Fin dai tempi delle elezioni presidenziali tra Bush jr e Al Gore fu posto il problema della riduzione del consumo di carne da parte del popolo americano a spese della trasformazione in pascoli dell’Amazzonia; lo slogan populista “They want to take away your hamburgers! (“Vogliono portarvi via gli hamburger!”) fu molto efficace, e questo slogan viene riproposto ad ogni elezione.

La produzione di carne e latticini è un sistema decisamente inefficiente di produzione del cibo dal punto di vista dell’utilizzo delle risorse: comporta l’utilizzo dell’83% dei terreni agricoli e di 1/3 dell’acqua destinata all’agricoltura, a discapito della biodiversità locale, e con un impatto negativo sugli ecosistemi circostanti, riconducibile anche alla pratica degli allevamenti intensivi e all’uso di pesticidi. L’allevamento dei ruminanti, come le mucche, determina, attraverso la fermentazione enterica, l’emissione diretta di metano, che intrappola 84 volte più calore della CO2 nei primi due decenni dopo che è stato rilasciato nell’atmosfera: le flatulenze delle mucche sono responsabili del 30% delle emissioni globali di metano.

L’allevamento di bestiame è anche indirettamente responsabile dell’emissione di CO2 nell’aria attraverso il consumo di suolo, sia per creare zone pianeggianti destinate al pascolo, sia per produrre monoculture di soia destinate al nutrimento degli animali. Per sostenere i 70 miliardi di animali da allevamento che oggi popolano il pianeta, l’industria della carne ha distrutto negli ultimi decenni, anche appiccando incendi, centinaia di migliaia di ettari di foreste e boschi. La produzione di carne bovina richiede 28 volte più terra, 6 volte più fertilizzante e 11 volte più acqua rispetto alla produzione di carne di maiale e rilascia 4 volte più gas serra di una quantità equivalente di calorie di carne suina e 5 volte più di una quantità equivalente di pollame. I bovini da carne allevati su terreni disboscati sono responsabili di 12 volte più gas serra e usano 50 volte più terra di quelli che pascolano ricchi pascoli naturali. A ciò si aggiungano i costi di trasporto: sarebbe più ecologico consumare prodotti italiani piuttosto che quelli, ad esempio, del Sud America.

Ma la salute dell’uomo ha così tanto bisogno delle proteine animali, ed in particolare delle proteine derivate dalla carne e dal latte?

Un soggetto sedentario adulto deve assumere 0,8 gr di proteine ogni kg di peso corporeo (70 kg di peso=56 gr di proteine/giorno). Chi pratica attività aerobica (bici, corsa, fitness) deve assumere 1,3/1,5 gr di proteine ogni kg di peso corporeo (70 kg di peso=91/105 gr di proteine/giorno) ed ha un bisogno maggiore di carboidrati piuttosto che di proteine. Chi pratica attività anaerobica a livello amatoriale (palestra), il fabbisogno giornaliero di proteine aumenta a 1,5/1,8 gr di proteine ogni kg di peso corporeo (70 kg di peso=105/126 gr di proteine/giorno). Chi pratica attività anaerobica a livello professionistico (bodybuilder professionista), può arrivare anche ad assumere 2/2,5 gr di proteine ogni kg di peso corporeo (70 kg di peso=140/175 gr di proteine/giorno).

Le proteine di origine vegetale sono contenute generalmente nella frutta secca, nei legumi, nei cereali, nei semi ed hanno due vantaggi rispetto alle proteine animali: 1) producono meno scorie azotate dalla loro digestione consentendo un minor affaticamento di fegato e reni; 2) sono contenute in alimenti privi di colesterolo con un contenuto di grassi saturi molto basso.

Il “Valore biologico” di una proteina dipende, inoltre, dal suo contenuto in amino-acidi essenziali e dalla loro digeribilità/assimilabilità: se il valore biologico delle uova è 100, quello del latte è 93, quello del riso è 86, quello di pesce e manzo è 75, quello della soia è 74, quello del mais è 72, quello dei piselli 65. Il valore biologico delle proteine vegetali, limitato in alcuni casi per la carenza di un amino-acido essenziale, può essere ottimizzato dall’associazione di due nutrienti: ad esempio, i cereali contengono poca lisina e triptofano, mentre i legumi sono poveri di aminoacidi solforati come la metionina, ma le associazioni pasta-fagioli, riso-lenticchie, riso-tofu, pane di frumento-burro di arachidi garantiscono il valore biologico del pasto ed, in questo caso, si parla di “proteine complementari”.

L’uovo è un’ottima fonte proteica e alimentare e contiene proteine sia nell’albume che, in misura minore, nel tuorlo. Un uovo di gallina medie dimensioni ha circa 30 g di albume e 18 g di tuorlo, il cui peso rispettivamente è dato dall’acqua per l’85% e il 50%. Nell’albume c’è l’albumina, che ha il massimo valore biologico con la presenza di tutti gli aminoacidi e che costituisce il 60-70% delle proteine dell’albume. Le uova contengono vitamina B12, che è l’unica vitamina che potrebbe essere carente in una dieta vegetariana. Da notare soprattutto che è stato negli ultimi anni sfatato il mito della connessione tra uova e colesterolo ematico: mangiare uova non ha nessuna connessione con l’ipercolesterolemia.

Chissà nel socialismo, cantava Gaber, magari l’uomo abolirebbe gli allevamenti intensivi e si nutrirebbe, oltre che di vegetali coltivati negli orti comunali, di proteine derivate da allevamenti (biologici, a terra e a chilometro zero) di galline, nutrite a loro volta con i rifiuti del “biologico”. L’uomo ritornerebbe così alla nicchia ecologica di quando era abitatore delle cime degli alberi (prima cioè dell’uomo carnivoro della savana e dell’uomo allevatore di mandrie e greggi), al riparo dai grossi carnivori, e sviluppava il suo sonno profondo in morbidi giacigli vegetali.

Mi devo arrendere: Hitler, che aveva affermato di aver intenzione di indirizzare, con una specifica legge, la dieta dei tedeschi vittoriosi verso il vegetarianesimo. Chissà, col tempo si sarebbe accorto che non c’è ecologia se ci si aggrappa al razzismo piuttosto che alla giustizia sociale planetaria.

Devo anche ammettere che aveva ragione sul fumo, se si considera che l’Oms ha pubblicato nel 2022 un report che mirava a costringere le grandi aziende produttrici a ridurre i danni causati da coltivazione intensiva con pesticidi, produzione, distribuzione del tabacco. Oltre a causare la morte di 8 milioni di fumatori ed un incalcolabile danno da fumo passivo, l’industria consuma 600 milioni di alberi, 200mila ettari di terra, 22 miliardi di tonnellate d’acqua e produce 84 milioni di tonnellate di CO2. I mozziconi lasciati sul terreno sono 4,5 trilioni e contengono, oltre a nicotina e catrame, 200 sostanze chimiche (70 cancerogene); il sottosuolo e le falde acquifere li assorbono, li incorporano e li rimettono in circolo; occorrono 12 anni perché siano degradati in microplastiche e, si stima, compongono il 40% dei rifiuti plastici del Mediterraneo: un singolo mozzicone, che pesa 0,3 grammi, è capace di inquinare fino a 1000 litri d’acqua; due direttivedell’Unione Europea (del 2019 e del 2021) non hanno arginato il fenomeno. Il disastro si allarga con le sigarette elettroniche: le sigarette usa e getta contengono nichel, cobalto, litio e solventi tossici; negli USA ne vengono cestinate 5 milioni al giorno, in Italia 132mila ogni giorno; il litio, il cobalto e il nichel cestinato negli USA, che potrebbe essere riutilizzato per centinaia di cicli, metalli , sarebbe in grado di entrare nella produzione di almeno 6mila macchine Tesla.

C’è troppo poco spazio per parlare dei danni da alcool, su cui avrei molto da dire, anche in considerazione del fatto che, come Marco Travaglio, sono orripilato dal pasteggiare con l’alcool e dall’uso abituale di sostanze psicotrope. Ricordo solo che il compianto Gorbachov cercò di “portar via” la vodka ai russi, ma non ci riuscì; eppure l’abuso di vodka uccide in Russia il 25% degli uomini prima dei 55 anni. Ricordo anche che nella Bibbia uno dei tre figli di Noé, Cam, derise il padre che si era ubriacato; per questa “colpa” intervenne il Dio degli ebrei, che maledisse Cam e i suoi discendenti condannandoli ad avere la pelle “coloured”: il primo esempio di razzismo, organizzato dal buon dio stesso!

Ma, si sa, i perdenti hanno sempre torto, per lo meno nella storia scritta dai vincitori.

Adolfo Santoro

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