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sabato 27 aprile 2024

DISINCANTATO — il Blog di Adolfo Santoro

Adolfo Santoro

Vivo all’Elba ed ho lavorato per più di 40 anni come psichiatra; dal 1991 al 2017 sono stato primario e dirigente di secondo livello. Dal 2017 sono in pensione e ho continuato a ricevere persone in crisi alla ricerca della propria autenticità. Ho tenuto numerosi gruppi ed ho preso in carico individualmente e con la famiglia persone anche con problematiche psicosomatiche (cancro, malattie autoimmuni, allergie, cefalee, ipertensione arteriosa, fibromialgia) o con problematiche nevrotiche o psicotiche. Da anni ascolto le persone in crisi gratuitamente perché ritengo che c’è un limite all’avidità.

​Il prematuro trapasso di B. e Ramses II

di Adolfo Santoro - sabato 24 giugno 2023 ore 07:00

Ecco l’opinione, a proposito della “perversione” di B., espressa nove anni fa dallo psicoanalista Massimo Recalcati.

“Come clinico, io leggo la cultura del berlusconismo come una grande forma di perversione. Ora, in psicoanalisi, nella clinica psicoanalitica, quando si usa il termine “perversione” non s’intende tanto definire quello che di stravagante gli esseri umani fanno nelle loro camere da letto (da questo punto di vista, Freud parlava di una “perversione polimorfa”, che riguarda gli esseri umani come tali). Dunque, c’è qualcosa di più fine in questa figura e precisamente la riassumerei così. Cioè, la perversione ha a che fare con la negazione angosciata del limite, potremmo dire, in ultima istanza, della morte, di tutto ciò che ricorda all’essere umano di essere, come dire, destinato alla propria fine.

E mi pare che in questo culto del corpo giovane, dell’accumulazione dei corpi giovani, in questo vampirismo che si è esercitato nei confronti della giovinezza, che ha avuto, sì, un aspetto sessuale, ma, direi, assolutamente senza erotismo, anzi con una dimensione per certi versi squallida… ecco tutto questo non è, come dire, un’anomalia del comportamento sessuale, non è solo questo. È un tentativo estremo di esorcizzare la morte.

Per essere ancora più chiaro, io penso che la manifestazione più pura della perversione del berlusconismo non si consumi sul lettone di Putin, ma si consumi piuttosto in questo mausoleo, che è destinato, nella villa di Arcore, a raccogliere il corpo di Berlusconi e dei suoi familiari ed eternizzarlo per i secoli a venire. Cioè quest’idea di un Viagra di marmo, per così dire, che dovrebbe sancire una sorta di immortalità, di permanenza ostinata nella vita.

Ed è per questo anche che questo leader, dal punto di vista soggettivo, ha una grande difficoltà a lasciare il posto, ha una grande difficoltà a trovare degli eredi. E tratta il suo corpo cercando di scongiurare tutti i segni che evocherebbero, diciamo, il suo destino mortale. In fondo il corpo di questo leader è stato un corpo bionico, un corpo che cancellava ogni segno del tempo attraverso il ricorso, come sappiamo, agli strumenti che la scienza mette oggi a disposizione per preservare questa maschera di giovinezza.”.

Rimando ad altrove le riflessioni sulle radici transgenerazionali delle problematiche di B., sulle radici generazionali delle problematiche di B., sul fatto che, secondo me, tutte le perversioni hanno a che fare col rito e con il tentativo di esorcizzare la morte, sul vampirismo giovanilistico di B., sul rapporto di B. con le donne, sul disprezzo di B. verso i propri accoliti e sull’imbalsamazione in vita che B. fece subire al suo corpo. Qui voglio scrivere sul fatto che la prima forma di proprietà privata è il nome proprio con cui ci sentiamo chiamare da bambini, per cui ci giriamo quando sentiamo quel nome, come a controllare nel dialogo interiore se sono proprio ”Io”; voglio scrivere dell’intrinseca connessione circa la credenza dell’esistenza di questo “Io” con la credenza dell’esistenza dell’anima, che è un modo di istituzionalizzare la proprietà privata nell’intimo, che è di per sé impermanente (e, quindi, non tassabile) ; voglio scrivere della credenza in un “paradiso futuro”, in cui un Dio indulgente ci accoglierà. Recalcati potrebbe chiamare anche queste credenze “sottile perversione”, ma, se la quasi totalità della gente ci crede, allora vuol dire che la quasi totalità della gente è sottilmente pervertita. Sulla monetizzazione dell’affare delle credenze la Chiesa Cattolica ci è vissuta, a volte esplicitamente, con la vendita delle “indulgenze” (per cui i peccati venivano “rimessi”, cancellati, in base ad una congrua somma di danaro), a volte implicitamente, attraverso il ricatto dell’inevitabile senso di colpa, connesso col peccato.

La rappresentazione del viaggio verso un presunto aldilà è stata, però, l’ossessione dell’uomo fin da quando cercò di proteggere i cadaveri dei propri congiunti dalla predazione delle bestie feroci (attraverso la creazione di “sacrari”) e dei microbi (attraverso l’imbalsamazione). Questo tentativo portò alla grande rivoluzione culturale delle “credenze” dell’anima, della religione e dell’arte “sacra” ed a professioni, come quella del becchino, mai sufficientemente valorizzate: non è forse il becchino di Amleto l’unico, in quella tragedia, a scrutare al di là del velo della vanità umana, la vanità di Amleto, che, non riuscendo ad elaborare il lutto del padre, ne subiva il fantasma?

Alla morte del padre, Luigi, B., piuttosto che transitare in una sana e normale tristezza, segno della finitudine dell’essere umano, si fermò, da buon “narcisista” alla prima fase dell’elaborazione del lutto: la negazione. L’abitudine identitaria di negare la propria ombra comporta così l’esaltazione vitalistica/maniacale e la reazione rabbiosa verso chi osa evidenziare le responsabilità del padre.

Quando un’organizzazione di personalità narcisistica trova un consimile, se non scatta la zuffa, scatta la complicità. Fu così che B. incontrò lo scultore Pietro Cascella, un cubista/futurista, che aveva trovato spazio nell’inutile arte del ‘900 grazie all’aver scolpito grandi temi, come quello per i deportati di Auschwitz; l’afflato, che potrebbe aver ispirato il Cascella nell’istoriare un evento tragico della storia dell’umanità, scade a zero quando lo si inserisce nel contesto della motivazione: un banale Concorso Internazionale per un Monumento (lo spunto per un comico a corto di gag). E ciò si addice al “futurismo”, quella manifestazione artistico-letteraria dell’Italia di Provincia, che, sono parole di Benedetto Croce, “idoleggia un futuro senza passato, un andare innanzi che è un saltare, una volontà ch’è un arbitrio, un ardimento che, per serbarsi impetuoso, si fa cieco; e adora la forza per la forza, il fare per il fare, il nuovo per il nuovo, la vita per la vita (…), non le importa di essere vita concreta e determinata, ma vuol essere vita in astratto o mera vitalità, non il contenuto ma la vuota forma del vivere, che si pone, essa, come se fosse un contenuto.”. Ma c’è una seconda modalità dell’antistoricismo futurista: oltre a quella precedente - “anarchica” -, c’è quella “disciplinata”, che, senza escludere la modalità anarchica, ambisce al ritorno ad un passato classico: quello delle forme geometriche. Da un punto di vista di evoluzione psichica significa tornare al secondo anno di vita, all’inizio della loquela, al rapporto col padre, alla disciplina dell’acculturazione al mondo condiviso, all’accumulo e alla dilapidazione del danaro, alla fase sadico-anale dello sviluppo del bambino (un altro spunto per il comico di cui sopra). Da un punto di vista artistico questa seconda modalità non significa fuga dal passato, ma ritorno alla proto-storia, alle piramidi, all’apoteosi della falsità dell’uomo, che tenta di esorcizzare la morte in modo gerarchico e maschilista.

Come non riconoscere l’incorporazione in B. dell’apice della cultura egizia: il faraone Ramses II? Ramses visse quasi 90 anni e imperò sull’Egitto per quasi 75 anni, se si considerano i 5 anni in cui Ramses governò in associazione col padre; non si è forse proposto B., fidandosi dei suoi scienziati peronali, di superare il limite dei 121 fissato dalla Natura?

Di Ramses l’egittologo Pierre Montet scriveva: “Il suo egoismo mostruoso era temperato dalla bontà di cui hanno beneficato i suoi soldati, i suoi artisti, i membri della sua famiglia e si può perfino dire l'insieme dei suoi sudditi.”. Fece costruire numerosissimi monumenti in tutto il Paese e fece fabbricare una quantità enorme di manufatti; fondò una nuova capitale e combatté contro vari popoli. Fu, infine, sepolto in una grande tomba della Valle dei Re. La sua mummia fu sbendata nel 1886 ed il poeta inglese Shelley vi colse un “sogghigno di fredda autorità”. Secondo l’egittologo Gaston Maspero, “La faccia della mummia dà una chiara idea del viso del re in vita: un’espressione poco intelligente, forse un poco brutale, ma orgogliosa, ostinata, e con un'aria di suprema maestà, è ancora visibile sotto l'opera degli imbalsamatori.”. Tutto combacia, ad esempio, il risolino sardonico di B., coerente con gli occhi di caimano!

Ramses doveva essere alto 185 centimetri, fu affetto da spondilite anchilosante ed i suoi capelli erano di colore fulvo. Riguardo alla spondilite anchilosante B. era sulla buona strada, ma altezza e capelli sono stati per lui sempre un cruccio.

Ma quello che deve aver sfidato di più il duo B.-Cascella è l’iscrizione, che, secondo Diodoro Siculo, Ramses fece apporre alla base di una sua statua: “Se qualcuno vuole sapere quanto grande io sia e dove giaccio, superi qualcuna delle mie imprese.”. Di qui il lusso sfrenato, pacchiano, alla Casamonica: all’interno di una villa (acquistata a prezzo stracciato da un’ereditiera, il cui pro-tutore era un sodale di B., e luogo in cui ha lavorato, alle dipendenze di B., lo stalliere-mafioso Mangano) uno spreco di tonnellate di marmo bianco di Carrara, che incorniciano un percorso “alla casa degli orrori di Gardaland”, che culmina nel “coup de foudre” della società dello spettacolo: la stanza centrale, illuminata da torce perennemente accese. Al centro di questa stanza il sarcofago bianco-rosa di B. e, sulle pareti, fregi, bassorilievi e la sagoma di un telefono portatile (a questo Ramses non ci sarebbe mai arrivato!) con un contorno di 32 loculi, destinati ai fedelissimi (Previti, Confalonieri, Dell’Utri, Gianni Letta e Galliani). Un efficace sistema di telecamere dissuade chi voglia imbrattare con i propri bisogni il sarcofago o i loculi. Ma, senza un regime totalitario che garantisse gli schiavi, il duo ripiegò, nella denominazione, su un’altra delle sette meraviglie dell’antichità: quella del “Mausoleo di Alicarnasso”, voluto come dimora eterna, più domestica delle piramidi, dalla moglie/sorella del re Mausolo.

Il “mausoleo” fu completato, dopo tre anni di lavori, nel 1990 e mostrato con orgoglio, nel 1993, a Gorbachov. Ma non ospitava le spoglie di Luigi! C’era una legge che impediva la sepoltura dei cadaveri in luoghi privati! Nel gennaio del 2006, fu “Mamma Rosa”, la madre di B., ad indignarsi in un’intervista a Il Giornale (di famiglia): “Silvio ha preparato una bellissima tomba nel suo giardino, ma la giunta di sinistra gliel’ha bloccata”. In realtà non era la giunta comunale di Arcore ad impedire tumulazioni, ma una legge dello Stato italiano, ereditata da un editto di Bonaparte del 1806, che – per motivi igienici e non solo – proibiva di seppellire defunti all’interno di chiese e proprietà private. Ma le leggi, si sa, per B. non sono mai state un problema! Ci furono nel 2006 ben due tentativi contemporanei di correggere l’inciampo attraverso la proposta di leggi “ad personam” (una governativa ed una di un tal Corrado Danzi, senatore dell’Udc), ma entrambe furono bocciate dal Parlamento.

L’ironia della sorta è che, da defunto, B. ha finalmente ottemperato ad una legge dello Stato: per accedere al “mausoleo” bisogna prima essere cremati!

Per tutti questi motivi io credo che il trapasso di B. sia stato prematuro: tutti questi loculi vuoti, rifiutati da Indro Montanelli (con la scusa “Domine, non sum dignus”, cioè “Signore, non sono degno”) e da Vittorio Feltri (con più volgari scongiuri)! È vero, però, che l’unico seguace ad essere entusiasta di entrare nei loculi era Emilio Fede, ma questi fu escluso dopo essere stato condannato per aver fornito a B. materiale umano di sesso femminile, minorenne. A chi saranno alienati i loculi vuoti? Il bisogno di essere venerati anche da morti è forte nei narcisisti! Ci sarà un Enrico De Pedis (il “Renatino” della banda della Magliana, a cui andò male la tumulazione nella basilica vaticana di Sant’Apollinare), un plurimilionario (che non sprechi milioni per un posto su Marte o per visitare il Titanic) o qualcuno dei milioni di italiani che ha creduto nel “milione di posti di lavoro”? Arcore, come Predappio, potrà comunque essere luogo di nostalgia, meta di pellegrinaggio turistico, se non altro nell’annuale messa di commemorazione!

Adolfo Santoro

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