Le vent nous portera
di Marco Celati - martedì 13 dicembre 2016 ore 21:28
Ascolto un cd che mi piaceva. Non si sa perché a noi ignoranti in fatto di musica piacciano alcune sonorità piuttosto che altre, anche al di là dei nostri convincimenti e gusti personali. È un vecchio cd dei Noir Desir, "Des Visages e des Figures". Lo acquistai nulla sapendo di quel complesso e di quella musica, lo acquistai perché mi piaceva. E mi piace ancora tantissimo, una canzone contenuta in quell'album e il suo inquietante video che avevo visto e sentito in TV. M'intrigava anche il nome del complesso che richiamava il noir francese. La canzone, molto evocativa e con un ritmo indimenticabile, s'intitola "Le vent nous porterà". Ascoltare per credere. Poi ho letto, mi sono documentato ed è tanto che ne volevo raccontare. Oggi ho trovato il tempo, perché il tempo non è bello ed è preferibile scrivere. "La vita o si vive o si scrive."
La canzone ha un testo complicato ed enigmatico, anche un po' pretestuoso, a mio modesto avviso. Cristiano De André ne ha elaborato una versione in italiano nell'album "Come in cielo così in guerra". Il senso, il succo del motivo e, in fondo, anche il suo fascino negativo, è che il vento ci porterà, ci spazzerà via. Non è il vento malinconico di "Blowing in the wind" di Bob Dylan che porta speranze pacifiste e domande di cambiamenti. Ricorda un po' "ancora ci porta il vento" di Guccini che cantava con "la canzone del bambino nel vento" i prigionieri "passati per un camino", a causa della "belva umana", nel campo di concentramento di Auschwitz. Ma forse nemmeno, forse qui la belva è la vita stessa che scorre inesorabile e inutile e, come un vento tragico e impetuoso, si porta via tutti i nostri castelli di sabbia, i nostri affetti, la madre che, nella clip della canzone, si vede in controluce, quasi un nero presentimento di morte. Il ritmo è ripetitivo e orecchiabile: sonorità elettriche accompagnano la voce roca del cantante, ma si sentono il clarino, a dare al motivo un timbro etnico e, sopratutto, la chitarra di Manu Chao.
Una parentesi: nella mia città un sindaco volenteroso e antifascista, volle intestare una strada alla memoria dei caduti di Auschwitz, non senza averne dedicata un'altra alle vittime delle Foibe. Lasciamo perdere i paragoni impossibili e le terribili contabilità di guerre e dittature. Il fatto fu che i residenti di quella via, gente operaia e popolare, protestarono. Nell'indignazione che seguì alla protesta, si gridò al revisionismo storico filo fascista e persino filo nazista. Niente di tutto ciò. Si trattava di semplice, colpevole, provincialismo. Protestavano perché non sapevano come si scriveva Auschwitz. Il caso fu risolto, cambiando il nome di quella strada in "Vittime dell'Olocausto" con buona pace di tutti. Quei cittadini non avevano ragione, perché tutto si sa e tutto s'impara sul fascismo, sul nazismo, sulle dittature, anche quelle comuniste, e si può pure imparare a scrivere un nome straniero e difficile. Però, diciamo la verità, anch'io, con tutta la mia prosopopea, ho dovuto guardare due volte su Wikipedia per scrivere Auschwitz e alla fine ho risolto con un copia incolla. Poi dice che la tecnologia non è progressiva!
I Noir Désir sono stati una band di rock alternativo francese, formatasi nel 1980. Sono stati attivi per oltre venti anni e furono in auge fra la fine degli anni novanta e l'inizio degli anni 2000. I componenti della formazione erano Bertrand Cantat, canto e armonica, Serge Teyssot-Gay alla chitarra, Denis Barthe alla batteria e Frédéric Vidalenc, sostituito nel 1996 da Jean-Paul Roy, al basso. L'album "De Visages et de Figures", prodotto con special guests d'eccezione, uscito nel 2001, fu il loro maggior successo. Espressione di una musicalità più morbida, fu ben accolto dalla critica. "Le vent nous porterà" balzò in testa alle classifiche.
Difficile classificare i Noir Désir in un genere specifico: si può dire che appartengano a un Rock alternativo o meglio ancora a una forma di Art-rock con delle radici nel punk, nella musica etnica, World Music, nella New Wave, ma anche nel Rock progressivo.
I Noir Désir furono anche una band militante in lotta contro il fascismo, l'estrema destra del Front National e la "mondializzazione capitalista". Contro "l'homme pressé". In occasione della cerimonia "Victories de la musique", Bertrand Cantat, ricevendo il premio proprio per l'Album "De Visages et de Figures" e per il video clip "Le vent nous porterà", così apostrofò Jean-Marie Messier, allora presidente di Vivendi Universal, distributore e produttore del gruppo: «Viviamo sullo stesso pianeta, ma non siamo assolutamente dello stesso mondo». Il gruppo ha anche partecipato a molti concerti benefici.
Ma la storia che voglio raccontare è quella di Bertrand Cantat, personaggio carismatico e maudit. Ed è una brutta storia. Nasce a Pau, in terra di Francia, in Aquitania, nel dipartimento dei Pirenei Atlantici. Nel 1964, inizia a suonare con l'amico di seconda liceo, Serge Teyssot-Gay, nel 1980 e, dopo diversi passaggi, nel 1987 nascono i Noir Desir. Dotato di una forte personalità, diviene il leader e la voce del gruppo. È appassionato di letteratura e questo traspare dai suoi testi, colti, spesso complessi ed ermetici. Durante un concerto ha una sincope e nella sua carriera subisce due operazioni alle corde vocali, sforzate dal suo modo urlato e graffiante di cantare.
Nel 1997, si sposa con la letterata e traduttrice Krisztina Rády, di origini ungheresi, da cui ha due figli, Milo e Alice e dalla quale si separa cinque anni dopo. Inizia a frequentare Marie Trintignant, attrice francese. I due instaurano un rapporto. Marie è la figlia del celebre attore Jean-Louis Trintignant e della sua seconda moglie Nadine Marquand. Fra le sue prime interpretazioni cinematografiche, nel 1979 c'è "Série noire" per la regia di Alain Corneau. Il noir incombe.
Nella notte tra il 26 e 27 luglio 2003, nel corso di un violento litigio, Cantat, in preda all'alcol, colpisce alla testa e al viso con diciannove pugni la compagna. L'aveva raggiunta a Vilnius, in Lituania, dove lei si trovava per interpretare Colette in un film. Cantat sottovaluta il suo gesto, i terribili colpi inferti; non se ne cura. Marie non viene soccorsa che l'indomani. Subisce due interventi chirurgici. Il primo agosto muore per edema cerebrale, causato dalle percosse subite. Lascia quattro figli.
Dopo tre udienze in tribunale, Cantat viene condannato dalla giustizia lituana il 29 marzo 2004 a otto anni di prigione. I suoi avvocati fanno richiesta di trasferimento presso una prigione francese. Il 28 settembre 2004 viene trasferito presso il carcere di Muret, vicino a Tolosa.
La casa di Bertrand Cantat nelle Landes brucia completamente l'11 settembre 2003 in un incendio le cui circostanze rimangono ancora da chiarire.
Il musicista riceve riconoscimenti da colleghi artisti. Nel 2005, Hubert-Félix Thiéfaine dedica la canzone "Télégramme 2003" dell'album "Scandale Mélancolique" a Bertrand Cantat. Anche Omar Pedrini, ex leader dei Timoria, dedica la canzone "Dimenticare Palermo" a Cantat, con cui aveva collaborato in un precedente album. Forse lo scandalo non era melancolico, ma tragico e si tentava di dimenticare l'omicidio, oltre che Palermo. Ma non sta a noi giudicare.
Nell'ottobre 2007 il giudice di sorveglianza, Philippe Laflaquiere, assegna la libertà condizionata al musicista «per gli sforzi di reinserimento sociale fatti dal condannato e anche per le sue prospettive di reinserimento professionale». Così il 16 ottobre 2007 Cantat esce di prigione in regime di libertà condizionata. Fino al 2010 sarà sottoposto a diverse misure di controllo e a periodici incontri con lo psicologo del tribunale. Condannato a otto anni per l'uccisione di Marie Trintignant, ne sconta in carcere soltanto quattro. A novembre 2007, insieme al suo gruppo, Cantat firma un contratto discografico con la Barclay per tre futuri album. Vive a Porte de Clignancourt, a Parigi, in libertà condizionale.
Ma come in una maledizione, il 10 gennaio 2010 l'ex moglie di Cantat, Krisztina Rády, alla quale il musicista si è riavvicinato, si uccide, impiccandosi, mentre lui sta dormendo. Ha scritto una lettera ai genitori in cui parla della follia di Bertrand e del loro difficile, contraddittorio amore, di quel rapporto impossibile, insostenibile. Dice che se non è troppo tardi se ne andrà in un altro paese oppure semplicemente sparirà. Si asserisce che sia stata indotta al suicidio.
E arriva anche la fine dei Noir Desir. Il 29 novembre 2010 Serge Teyssot-Gay rivela alla stampa di «aver deciso di lasciare la band» per «disaccordi emotivi, umani e musicali con Bertrand Cantat, aggiunti al sentimento d'indecenza che caratterizza la situazione del complesso da diversi anni». E il 30 novembre, il batterista Denis Barthe, anche a nome degli altri due componenti, Bertrand Cantat e Jean-Paul Roy, annuncia la fine dell'attività della band.
I Noir Desir non esistono più. Resta il loro rock cupo e oscuro. Rimangono i brani musicali che annunciano il grande incendio di Babilonia, Parigi, New York, Londra, Delhi, Dallas, l'apocalisse della civiltà occidentale tecnocratica, malata di competizione, di profitto e di violenza. Rimangono i testi che evocano la crisi di un'Europa "puttana autoritaria, aristocratica e libertaria, borghese e operaia, purpurea e agghindata di grandi secoli e di colossi titubanti". L'album "Des Visages des Figures" uscì l'11 Settembre 2001. Una macabra coincidenza. Rimane Bertrand Cantat, con le sue colpe, il suo rimorso, la sua vita maledetta.
Quando si evocano le crisi è difficile sottrarsi ad esse. E non sempre nell'arte c'è redenzione, né negli artisti coerenza tra buoni sentimenti e buoni comportamenti. Già in quel nome, Noir Desir, sembrava di cogliere nello stesso tempo un'alettante tentazione e un sinistro presagio. Krisztina si è tolta la vita. Marie non esiste più, esiste solo il suo ricordo e il suo rimpianto. E l'immagine di un volto bello, orrendamente sfigurato. Un uomo che diceva di amarla, il musicista che ha scritto e cantato "la caresse et la mitraille" e ha messo in musica "Des armes", un testo di Leo Ferré contro l'uso di tutte le armi, palesi e occulte, quello stesso uomo, ha armato semplicemente le sue mani per uccidere una donna che riteneva sua compagna. Probabilmente è questo, allora, che muove la belva umana: il nero desiderio maschile di morte che pretende un possesso che non può avere. E nessuno di noi, uomini e maschi, è senza peccato. Il vento ci porterà, spazzerà ogni cosa. Ma possa tutto questo sparire per sempre.
Marco Celati
Treggiaia 10 agosto 2016
"La vita o si vive o si scrive, io non l'ho mai vissuta, se non scrivendola", Luigi Pirandello.
"Le vent l'emportera, tous disparaîtra mais, le vent nous porterà", Noir Desir.
Marco Celati